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domenica 20 marzo 2011

Il fumo finisce sotto accusa anche per il cancro al seno. Altri due motivi per smettere: attivo o passivo il fumo fa crescere il rischio delle donne di ammalarsi. E i pazienti oncologici tabagisti hanno una prognosi peggiore





MILANO - L’hanno ormai provato centinaia di studi scientifici: il tabacco è fra le cause principali di molte forme di cancro. Ora uno studio americano fornisce alle donne un altro buon motivo per dire addio alle sigarette, dimostrando che il fumo aumenta il rischio di tumore al seno durante la menopausa. E un’altra ricerca ricorda a chi è già ammalato che perseverare nelle "cattive abitudini" peggiora la prognosi, riducendo le probabilità di sopravvivenza.
DONNE, FATE ATTENZIONE - Più di un quarto di tutte le forme di cancro, nel mondo occidentale, è causata dall’abitudine alla sigaretta. Tumori non soltanto polmonari, ma che colpiscono anche l’esofago, la laringe, le corde vocali, la bocca, la vescica, il pancreas, il rene, lo stomaco e il sangue. A questi, secondo un’indagine pubblicata sul British Medical Journal, si aggiunge per fumatrici ed ex-fumatrici il rischio di ammalarsi di carcinoma mammario durante la menopausa. Lo studio ha valutato i dati relativi a 79.990 donne di età compresa tra 50 e 79 anni, afferenti complessivamente a 40 centri clinici degli Stati Uniti, tenute sotto osservazione per più di dieci anni, durante i quali sono stati identificati 3.250 casi di tumore al seno. Ne è emerso che le fumatrici corrono un pericolo di sviluppare la neoplasia superiore del 16 per cento rispetto alla norma, mentre il rischio per le ex-fumatrici si aggira intorno a quota nove per cento in più. Inoltre, quanto maggiore è il numero di anni da cui si fuma tanto più elevate sono le probabilità di ammalarsi. Infine, i ricercatori hanno scoperto un’associazione fra cancro al seno e fumo passivo in età pediatrica e adulta (oltre 10 anni di esposizione da bambine o oltre 20 anni da adulte, a casa o sul lavoro).
TABAGISTI "IRRIDUCIBILI" - Un ottimo motivo per dire addio al tabacco l’avrebbero anche le persone a cui viene diagnosticato un tumore. Circa una su cinque, però, non lo fa. «Ho sempre suggerito ai miei pazienti di smettere di fumare - dice Allen Chen, docente all’Università della California e autore di uno studio pubblicato sulla rivista International Journal of Radiation Oncology -, ma finora non avevo una prova tangibile per convincerli che continuare avrebbe peggiorato la loro prognosi». Prova che invece forniscono le conclusioni della sua ricerca condotta su 101 malati di carcinoma a cellule squamose di testa e collo, tabagisti irriducibili anche durante la radioterapia. Confrontando i dati dei partecipanti con quelli di un gruppo di pazienti (con la stessa patologia e sottoposti alle stesse cure) che avevano smesso di fumare prima dell’inizio delle terapie è emerso che, cinque anni dopo il trattamento, era ancora vivo il 55 per cento degli ex-fumatori e solo il 23 per cento fumatori incalliti. Inoltre, chi non ha abbandonato le sigarette ha più probabilità di avere una recidiva (53 per cento contro il 40) e di andare incontro a maggiori effetti collaterali, con un impatto negativo sulla sopravvivenza generale. «Certo si tratta di risultati preliminari e servono maggiori conferme - conclude Chen -, ma è certo che i pazienti oncologici fumatori, oltre a una minore capacità di tollerare i trattamenti anticancro, mettono in pericolo la propria vita per ulteriori disturbi fumo-correlati che possono aggravare la loro situazione, quali disturbi cardiaci, infarto e diabete».
Vera Martinella
(Fondazione Veronesi)
13 marzo 2011

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